Il clima è incandescente, proprio come quello che caratterizza i forni dell’inceneritore più controverso del territorio.
Il comitato Spontaneo “No Accam” torna a sparare a palle incatenate contro quello che considera un ecomostro, dannoso per la salute e per le tasche dei contribuenti: un gigante i cui danni sono, secondo i detrattori, di gran lunga più numerosi dei benefici. E che per questo andrebbe chiuso, senza ulteriori esitazioni.
A suffragio della propria battaglia, i contestatori, per voce del grintoso Emanuele Fiore, usano l’arma più efficace: i numeri. “Il costo sociale dell’impianto di Borsano – afferma – è di 1.342€ l’anno per ciascun abitante. Un calcolo che deriva dallo spaventoso andirivieni di camion (123 al giorno), per un totale di 3.074 accessi l’anno. Un traffico impattante e costoso che, se il piano di rilancio di AMGA o l’intervento di CAP Holding venissero confermati, aumenterebbe ulteriormente”. Anche per questo, di recente, il Comitato ha attivato una centralina di rilevazione delle famigerate polveri sottili, che presto mieterà dati e, c’è da giurarci, ulteriori polemiche.
Negli ultimi 4 anni, sentenzia il comitato, l’inquinamento dell’area è costato, tradotto in soldoni, 424 milioni. 20 milioni di capitale sociale si sono volatilizzati, i debiti nei confronti di EcoEridania ammontano a 3 milioni, mentre altri 4 milioni sono serviti per riparare i danni dell’incendio che ha colpito la struttura un anno fa.
L’appello, quindi, è sempre lo stesso: “Chiudere l’inceneritore e liberare Borsano“. Fiore si rivolge direttamente ai pesi massimi, come le amministrazioni comunali di Legnano, Busto Arsizio e Gallarate: “Seguite i passi e l’esempio di Rescaldina e di altri 4 Comuni che, alla luce dei fatti, hanno deciso di uscire dal consorzio Accam”.
