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Antifascismo, valore in evoluzione

Vivace dibattito, alla festa di ANPI, sul significato odierno di ciò che si contrappone a intolleranza ed estremismo. E sul significato attuale delle parole di ieri

Che cos’è che chiamiamo Antifascismo? Un valore impresso nella Costituzione, pronto ad espellere dal corpo politico e culturale qualunque scoria del regime, o una formula più generale, immediatamente accessibile e comprensibile ai più, che riassume una serie di comportamenti e condotte, azioni e parole? 

E’ ruotato intorno a questo dilemma il dibattito organizzato dall’ANPI alla Schiranna di Varese, alla presenza di alcuni interlocutori con bagagli, approcci e opinioni diverse.

Gli ospiti della presidente provinciale Ester De Tomasi erano Alessandro Polio Salinbene, del comitato nazionale Anpi, il professor Giuseppe Armocida, lo storico Antonio Maria Orecchia e i giornalisti Andrea Giacometti, di Varesereport, e Matteo Inzaghi, direttore di Rete55.

Sullo sfondo, l’incursione dell’associazione estremista Do.Ra, che nella notte tra sabato e domenica ha affisso uno striscione con la scritta “Varese è Fascista”.

Accorato l’appello di Armocida: “L’antifascismo è buono e occorre che torni a schierarsi contro la cattiveria di chi, a fatti o a parole, attacca i principi cardine della nostra democrazia”.

Ancor più nette le parole di Salinbene, il quale mette in discussione il mausoleo di Predappio, in memoria di Mussolini, monumento che lui considera un insulto alle vittime del Ventennio.

Orecchia ancora la propria riflessione al valore della rigorosa analisi storica e, ricordando i valori della Resistenza, diffida di quei revisionisti che tendono a fare di ogni erba un fascio, confondendo le cause con gli effetti.

Da Andrea Giacometti un invito a non relativizzare alcuni preoccupanti segnali estremisti che negli ultimi tempi tornano a manifestarsi e che i social rendono ancor più capillari e difficili da arginare, complice un crescente spirito emulativo.

Da Matteo Inzaghi, invece, una voce più critica sul valore della comunicazione. “Spesso, afferma, etichettiamo come fascista ciò che esprime prepotenza, sopruso, violenza fisica o verbale. Attenti, perché così facendo si finisce per nobilitare il gesto di un cretino o di un delinquente, conferendo una caratura ideologica o culturale a chi, al contrario, agisce solo per istinto, aggressività e stupidità. E’ necessario, aggiunge il direttore di Rete55, che l’antifascismo riesca ad evolversi, adeguando il proprio linguaggio al presente e centellinando i richiami a un passato che, proprio perché tragico, non può essere continuamente scomodato. E il mausoleo di Predappio? Non si tocca, chiosa Inzaghi. La Storia è Storia. Deve essere capita, tramandata e discussa, non cancellata.

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