Dopo 3 mesi Sergio Barzetti è tornato ai fornelli della TV, quelli del programma Rai che da anni lo vede co-protagonista, a fianco di Antonella Clerici e di altri colleghi cuochi.
Fortunatamente, aggiungo, dai suoi fornelli di casa non si è mai allontanato.
Mi riferisco al ristorante di Malnate condiviso con l'amata moglie, con lo staff e con un territorio abituato a guardarlo negli occhi, dargli del tu, incontrarlo a passeggio o alle tante iniziative benefiche cui Sergio partecipa attivamente da anni. Mettendosi a disposizione, rimboccandosi le maniche, con quel sorriso gentile e il suo inconfondibile approccio: perennemente in bilico tra esuberanza e timidezza, genuinità e pionierismo, spirito sornione e profondità empatica.
Personalmente - dovessi spiegare oggi quel che è successo a Barzetti, al centro di un caso mediatico che non ho certo bisogno di rivangare – lo affronterei come “case history” da analizzare insieme a chi studia comunicazione.
A mio avviso, infatti, quanto accaduto riflette in maniera plastica l'inganno culturale che stiamo vivendo in questa vorticosa e incontrollabile giostra multimediale, fatta di inganni e sottotesti, dichiarazioni di intenti e flagellazioni collettive.
Avanti così, nella forsennata ricerca di vittime da sacrificare al politicamente corretto, finiamo per immolare vite e reputazioni sugli altari di un immaginario collettivo che, per sentirsi nel giusto, ha bisogno di appiccicare etichette oscurantiste a chiunque sbagli una virgola o, per stanchezza o distrazione, esca di pochi millimetri da binari semantici sempre più rigidi, stretti, obbligatori.
Poco importa se si tratta di persone distanti anni luce dalle discriminazioni di cui vengono accusate e pochissimo importa della sofferenza che tali "epurazioni" provocano a loro e a chi le circonda.
Nell'era dell'anarchia viral-compulsiva si colpiscono tutto e tutti in egual misura: il cafone e il lord, l'onesto e il disonesto, le favole e la cronaca. Chiunque è macellabile, perché, per parafrasare un noto ex magistrato, siamo tutti colpevoli fino a prova contraria.
Ed eccoci circondati da razzisti e omofobi, maschilisti e sciovinisti, con una tale frequenza da sentirci precipitati in un girone dantesco: un'immensa e virtualissima aula di tribunale in cui tutto, persino l'ironia (bella perché spesso si basa su iperboli), deve sottostare a canoni, codici e censure preventive.
Sono contento che chef Barzetti sia uscito dal tunnel del castigo e del biasimo che lui stesso ha contribuito a infliggersi, restando sottotraccia e tacendo pazientemente di fronte all’ondata di insulti e offese che una pletora di sconosciuti gli ha vomitato addosso.
So per certo, però che da questa esperienza non è uscito indenne.
Perché alle persone sensibili l'odio lascia il segno. E spezza il cuore.
Matteo Inzaghi
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Matteo Inzaghi
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