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Bar appesi a un filo, 3.500 a rischio

Il grido di Giordano Ferrarese, FIPE: “Mille attività del varesotto hanno già chiuso i battenti: le misure del nuovo DPCM rischiano di fare un’altra strage. Punite i trasgressori, ma lasciate aperti fino a tardi coloro che rispettano le regole”

Il nuovo DPCM potrebbe tradursi nel famigerato colpo di grazia per migliaia di bar.

Ne è convinta la Federazione dei Pubblici Esercizi, che fa capo a Confcommercio e che, a livello provinciale, è guidata da Giordano Ferrarese.

E’ proprio quest’ultimo, protagonista di diversi interventi dall’inizio dell’incubo covid, a far nuovamente sentire la propria voce, in linea con quanto affermato, a livello nazionale, dal numero uno della categoria Lino Stoppani.

Se in Italia, a rischiare la chiusura definitiva, sono 50.000 locali, per un totale di 350.000 posti di lavoro, a livello varesino parliamo di 3.500 imprese. “Cioè quelle – precisa Ferrarese – che sono ancora in piedi nonostante il lockdown, ma che difficilmente potranno reggere agli effetti del nuovo Decreto”.

La FIPE punta l’indice, in particolare, contro l’obbligo di chiusura anticipata alle ore 24.00: una sonora mazzata sui gestori di quei bar specializzati in drink e dopocena, che vedranno ulteriormente ridursi il proprio fatturato, già messo a dura prova.

L’unico modo per salvare i salvabile e fare di necessità virtù – insiste il presidente – è puntare su controlli costanti, capillari e severi, affinché chi trasgredisce venga punito e chi, al contrario, rispetta le regole, venga lasciato libero di lavorare”.

Nel varesotto le attività che hanno abbassato la saracinesca dopo il “primo round”, vale a dire il lockdown, sono più di mille. Numero che, se le misure dovessero restare tali e quali, potrebbe più che raddoppiare.

Ma la categoria non chiede solo questo. Occorre muoversi sul fronte degli affitti, da congelare o rinegoziare, e su quello delle scadenze fiscali, non sostenibili.

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