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Carrelli tristi, prodotti più cari e imprese più povere

Aumenti del 19% per l’olio di semi di girasole, importato dall’Ucraina. Secondo il presidente Fernando Fiori per ogni euro speso per il cibo al produttore restano tra i 6 e i 15 centesimi

Coldiretti fa i conti con gli effetti di un mese di guerra sui costi della spesa e sulle imprese di settore.

Un cocktail micidiale quello analizzato dal presidente Fernando Fiori, il quale guarda alle conseguenze più evidenti del caro petrolio e dell’impennata del grano, saliti rispettivamente di 25 e del 53%.

Il primo fattore, il caro benzina, tende a lasciare in garage i mezzi pesanti, indispensabili per il trasporto delle merci nei supermercati. E questo, sommato all’ansia e allo scarso altruismo di tanti consumatori, finisce per svuotare gli scaffali.

Sul fronte dei rincari, la maglia nera spetta all’olio di semi di girasole, importato dall’Ucraina e balzato di quasi 20 punti percentuali.

Segue la verdura fresca a +17%, la pasta a +12, così come il burro. Seguono, con aumenti tra il 6 e il 9%, farina, frutta, pesce fresco e carne di pollo.

Micidiale la somma di questi numeri con il caro energia, che ha ridotto all’osso i margini di guadagno di agricoltori e allevatori, costringedoli, in molti casi, a lavorare in perdita.

Per ogni euro speso dalla clientela per acquistare cibo, quel che resta in tasca ai produttori oscilla tra i 6 e i 15 centesimi.                                                                                       

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