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“Negozio vaccinato”, quando la sicurezza fa moda

Busto Arsizio lancia un’iniziativa che sostenga il settore dell’abbigliamento, tutelando la clientela e facilitando la ripartenza: “In città 19 attività chiuse nel giro di un anno, fatturato a -20%, saldi a -40”

Un marchio di garanzia, che tuteli i clienti, invogliando il ritorno al piacere dello shopping, dell’acquisto, dell’incontro.

E’ l’obiettivo di Federmoda, che vede in Cristina Riganti, Roberto Colombo e Davide Usuelli i tre fiduciari di Busto Arsizio, nonché gli artefici di un’iniziativa che potrebbe presto ampliarsi su un territorio ben più vasto.

Il concetto si riassume in un cartello, che potremmo vedere presto affisso fuori dai negozi di abbigliamento, quelli che a Busto hanno sempre riflesso la gloriosa tradizione del tessile di qualità, ma che in quest’ultimo terribile anno hanno pagato un prezzo drammatico alla crisi.

Il marchio in questione informerebbe il pubblico circa l’avvenuto vaccino (o, in attesa di esso, l’avvenuto tampone) del personale impiegato. E garantirebbe, quindi, un esercizio accessibile e sicuro.

Del resto, spiegano i tre fiduciari, esponenti di Ascom, l’emergenza e i lunghi periodi di chiusura forzata, hanno portato 19 attività cittadine ad abbassare la serranda per sempre e hanno provocato sulla categoria cali di fatturato pari ad almeno il 20%, oltre a pesanti “discontinuità” sul fronte dei saldi invernali (con picchi negativi di -40%). Il tutto senza adeguati rimborsi, nemmeno dal Decreto Sostegni, nel quale tanti operatori riponevano più di una speranza.

La moda continua ad essere la cifra del commercio in quel di Busto Arsizio (con 170 esercizi e oltre 500 addetti), ma affinché la scia delle chiusure si aggravi è necessario passare all’azione, contando, magari, sul supporto di Regione Lombardia, cui viene chiesto di finanziare con un fondo ad hoc la mole di tamponi che, una volta avviato il progetto, si renderà necessario eseguire.

 

 

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