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Quel comando Nato tra noi

Il giorno dell’attacco della Russia all’Ucraina, volgiamo il pensiero ai militari e alle famiglie del Comando Nato di Solbiate Olona

Che l’attacco della Russia contro l’Ucraina ci riguardi da vicino, l’abbiamo capito. Ci coinvolge come europei, come italiani e anche come abitanti della provincia di Varese. Non possiamo dimenticare, infatti, che qui ha sede il Corpo d’Armata di reazione rapida della Nato. Ormai da 20 anni – era il 2001 quando arrivò nel Basso Varesotto, chi vi parla se lo ricorda bene perché era lì a raccontarvelo – questo comando multinazionale ad alta prontezza operativa, che punta a forgiare personale di eccellenza in grado di pianificare e condurre operazioni in ogni ambito, ha infatti il proprio quartier generale a Solbiate Olona. Da dove è disponibile per essere impiegato in tempi rapidi per interventi in aree di crisi in base a quanto stabilito dal Consiglio del Nord Atlantico.

Impossibile non pensarci in quella che è stata definita l’ora più buia. Non vogliamo soffermarci in questo momento sugli attuali aspetti operativi. Ma, dal punto di vista umano, non si può non pensare a quegli uomini e quelle donne – 400 militari provenienti da 18 Paesi alleati – che con le loro famiglie vivono tra noi. Sono così tanti da poter formare un paese a sé. Ma vivono nei centri del Basso Varesotto, frequentano i locali e i negozi delle nostre città, hanno i figli che vanno a scuola con i nostri. Anche se in maniera discreta.

Che risveglio sarà stato, quello di oggi, per loro e per i loro cari? Impossibile non pensarci, volgendo lo sguardo verso la caserma Ugo Mara, davanti a cui ogni giorno transitano migliaia di mezzi del traffico locale e che – mette i brividi ricordarlo in queste ore – è da sempre un obiettivo ad alto rischio.
Oggi che, inutile negarlo, abbiamo timore della guerra come mai accaduto prima nella nostra storia recente, guardiamo quel comando, quegli uomini, quelle donne, quelle mogli, quei mariti e quei figli, quei volti a noi così familiari, quasi come se li vedessimo per la prima volta per ciò che davvero la loro presenza tra noi rappresenta.

Così, al risveglio, ho pensato a quel papà di quel compagno di mio figlio: alla sua mamma, a sua sorella e a lui, ovviamente. E salutando il mio bambino gli ho detto di abbracciarlo, quel compagno, se lo vede.

Suonerà retorico, ma forse soltanto questo possiamo fare, ora, come comunità locale: stringerci forte. Anche se con piccoli gesti.

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