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“Procreazione assistita, Lombardia in ritardo”

L’appello è degli esperti partecipanti al primo forum di confronto promosso dalla rivista Italian Health Policy Brief. In risalto, gli effetti collaterali del nostro sistema regionale, eccessivamente “ospedalecentrico”. L’istanza educativa: “Portare la cultura della PMA nelle scuole”

In Italia, ogni anno, si effettuano circa 100 mila cicli di Procreazione Medicalmente Assistita.

Un dato che fa riflettere, quello emerso nel corso del forum di Italian Health Policy Brief, rivista di politica sanitaria che sta promuovendo, in diverse parti del Paese, una serie di confronti tematici.

Nell’incontro più recente, cui hanno preso parte esponenti del mondo scientifico, politico, associativo e accademico, ci si è soffermati su una problematica particolarmente sentita, ma anche delicata e foriera di profondo disagio per un elevato numero di persone, complice la non uniformità della materia lungo la penisola.

Prima di tutto, i numeri: secondo l’Istituto Superiore di Sanità, a seguito dei suddetti 100 mila cicli di PMA omologa ed eterologa (eseguiti nell’arco del 2017), sono nati 13.973 bambini, pari al 3% dei neonati di quell’anno. Un numero considerevole, ma ancora frenato dall’impatto che il trattamento può avere. Parliamo di ripercussioni psicologiche ed emotive (ad avviare il percorso è una consapevolezza che, già di per sé, mina la serenità degli aspiranti genitori: l’infertilità), ma anche economiche e organizzative.

Ed è proprio da qui che si leva un appello forte e chiaro a Regione Lombardia. Perché se è vero che, tra le criticità spicca la diversità di approccio delle Regioni italiane, è altrettanto vero che, come sottolineato da Antonio Tomassini, medico, già senatore e presidente della Commissione Sanità di Palazzo Madama, nonché attuale numero uno dell’Associazione di Iniziativa Parlamentare per la Salute e la Prevenzione, “l’incedere lombardo in materia di PMA, già di per sé tardivo rispetto ad altre aree nostrane, è stato ulteriormente rallentato dall’arrivo dell’emergenza covid. Ora, però, è tempo di accelerare il passo e di sostenere convintamente chi desidera mettere al Mondo dei figli, in base ad un diritto costituzionalmente riconosciuto”.

Istanza subito recepita da Emanuele Monti, presidente della Commissione Sanità di Regione Lombardia, che si è detto pronto a mettere a disposizione tempo, energie e ascolto per recuperare il gap che separa il nostro territorio da altri.

In mezzo, ancora una volta, spunta un ostacolo che la lotta al coronavirus ha reso ancor più evidente: un sistema lombardo “ospedalecentrico”: “Tra i nodi da sciogliere – afferma infatti Emanuele Levi Setti, direttore del dipartimento di ginecologia e Medicina della Riproduzione presso Humanitas Research Hospital – c’è la strutturazione di un modello che, avendo concentrato gran parte delle proprie dinamiche sugli ospedali, comporta una media di costi di gran lunga più elevata rispetto ai sistemi che hanno optato per una logica ambulatoriale“.

Non ultimo, il fattore educativo: “E’ necessario – chiosa il Responsabile di Ginecologia 2 Centro PMA dell’Ospedale di bergamo, Francesco Fusi “che la cultura della procreazione assistita venga maggiormente integrata nel contesto sociale, attraverso il graduale ingresso delle relative nozioni nel percorso scolastico e la realizzazione di centri di fisioterapia che si situino a metà strada tra la famiglia e le unità complesse”.

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