Cerca
Close this search box.

Belardinelli e il suo (turbolento) passato

La lite con Benecchi, la società con Basile e lo schiaffo a Sogliano

La morte di Daniele Belardinelli, schiacciato da un Suv nella concitazione della assurda battaglia di Santo Stefano tra teppisti, prima di Inter-Napoli, ha scosso profondamente il movimento ultrà varesino di cui lui era uno dei capi. Anzi, come si legge in qualche messaggio postato su Facebook dagli habitué della curva nord del Franco Ossola, Belardinelli, detto «Dede», era considerato e chiamato «il Capitano».
Pure il Varese, sul sito internet ufficiale, lo ha ricordato, scrivendo: «Giocatori, dirigenti e tecnici del Calcio Varese, si uniscono al cordoglio della famiglia Belardinelli per la scomparsa del loro tifoso Daniele». I rapporti non erano idilliaci, almeno ultimamente, con la società biancorossa, come ha confermato l’attuale presidente Claudio Benecchi con cui c’era stato un battibecco proprio prima dell’ultima partita casalinga giocata dal Varese: quella con l’Accademia Pavese San Genesio, successiva allo sciopero dei giocatori biancorossi, quando i Blood Honour si erano rifiutati di entrare allo stadio. C’era invece familiarità con Paolo Basile, l’ex proprietario del club che ha lasciato il Varese con un buco finanziario di un milione e mezzo di euro, subito dopo la retrocessione in Eccellenza, arrivata al playout di maggio con l’OltrepoVoghera: Basile, grande tifoso del Napoli, e Belardinelli, ultrà interista, erano gli unici due soci della svizzera Edil Falco, società a garanzia limitata nel settore «Pavimentisti/piastrellisti» con sede a Contone, frazione di 819 abitanti del comune svizzero di Gambarogno, nel distretto di Locarno del Canton Ticino.
Era stato molto turbolento invece il rapporto con Sean Sogliano, direttore sportivo del Varese nel 2007, quando Belardinelli si era meritato il Daspo per aver schiaffeggiato il dirigente. L’11 novembre di quell’anno, Belardinelli aveva guidato gli ultrà biancorossi nella protesta inscenata contro la polizia fuori dallo stadio Franco Ossola, al termine della partita di Serie C2 Varese-Lumezzane. I Blood Honour avrebbero voluto che la gara non si giocasse per dare un segnale forte dopo l’omicidio del tifoso della Lazio Gabriele Sandri, avvenuto nella mattinata dello stesso giorno nell’autogrill di Badia al Pino, lungo l’autostrada A1, per un colpo sparato dall’agente della polizia stradale Luigi Spaccarotella. Belardinelli aveva chiesto a Sean Sogliano di non far disputare l’incontro e la tensione non mancò visto che fu proprio Belardinelli a colpire il dirigente al volto. Il capo ultrà, identificato a conclusione di indagini condotte dalla Divisione Anticrimine della Questura di Varese, ricevette un Daspo di 5 anni con obbligo di firma.
Dopo una vita turbolenta, non solo sugli spalti, Daniele Belardinelli, ha trovato la morte a 39 anni, nella gelida notte di Santo Stefano, funestata da una guerriglia assurda e insensata, figlia di quel pauroso vuoto culturale che sta diventando una voragine non solo negli stadi ma anche nella società.

Disponibile su Google Play
Disponibile su Google Play