L’Italia è una delle nazioni col maggior numero di anziani e oltre un milione di questi presenta un deficit cognitivo o una demenza senile grave: la cui forma più diffusa è la malattia di Alzheimer.
In Italia si stima che circa 10 individui su 100 nella fascia di popolazione compresa tra i 65 e gli 80 anni d’età, soffrano di un certo grado di decadimento delle funzioni cognitive.
Numeri consistenti che impongono una seria riflessione sulla necessità di progettare interventi tesi a garantire una diagnosi precoce, utile a rallentare la progressione dei deficit cognitivi nell’anziano.
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Il costante innalzamento dell’età media determina la maggior incidenza delle patologie neurodegenerative tipiche dell’invecchiamento (demenze), che compromettono le capacità di attenzione, concentrazione, memoria, ragionamento, calcolo, logica, orientamento, con ripercussioni sull’individuo e sulla sua famiglia. Attualmente, non si hanno a disposizione trattamenti medici specifici per contrastare il disturbo cognitivo lieve, ma agendo sui fattori di rischio si può cercare di prevenirne la comparsa e ridurne l’impatto.
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