Figlio di un pastore e di una infermiera, senza nessun aggancio con il mondo del galoppo, Andrea Atzeni ha seguito la sua Stella – proprio così si chiamava il primo cavallo, avuto a dieci anni, dopo infinite, insistenti richieste ai genitori – ed è riuscito, al termine di una dura gavetta, ad affermarsi come fantino di livello internazionale.
Alla soglia dei trent’anni, che compirà il 26 marzo, il jockey partito da Nurri, paesino di duemila anime nella Sardegna profonda, per andare a costruirsi un solido futuro in Inghilterra, si racconta a Filippo Brusa, durante l’ottantacinquesima puntata di Mondo Galoppo, ripercorrendo le tappe significative della carriera, citando i cavalli del cuore – Kingston Hill, Postponed e Sortilege – parlando della quotidianità, divisa fra Newmarket e Dubai – e confidando i suoi obiettivi: «Punto a vincere il Derby di Epsom e l’Arc de Triomphe».
Andrea Atzeni manda anche un messaggio ai tanti ragazzi che sognano di diventare fantini e per i quali lui rappresenta un vero modello, come fa capire questo passo di un articolo, scritto nel 2014 da Luigi Ferrarella, sul Corriere della Sera, per celebrare la sua vittoria nel «St. Leger» di Doncaster: «A 16 anni resiste a mesi di solitudine e di inglese masticato per farsi ammettere all’agognato corso di allievo fantino, poi a 17 anni finalmente debutta in gara nel girone infernale delle corse minori inglesi: una bolgia dove ogni pomeriggio una legione di fantini affamati (più di pagnotta quotidiana che di gloria), dopo essersi sciroppati in auto centinaia di chilometri per raggiungere periferici ippodromi, si disputano col pugnale tra i denti un varco millimetrico allo steccato o la miglior posizione nel cuore del gruppone, composto magari da 30 cavalli lanciati a 50 chilometri all’ora su scalcinate piste fradicie di pioggia e sferzate dal gelido vento invernale».
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Atzeni e la sua Stella: storia di una passione innata
Nella puntata #85 di Mondo Galoppo, il fantino, che si divide tra Inghilterra e Dubai, racconta a Filippo Brusa la sua quotidianità, ripercorre la carriera, parla dei cavalli del cuore e lancia anche un messaggio ai giovani
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Filippo Brusa
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