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ATS Insubria, qui nessun “Pio Albergo”. Tamponi al Malpensafiere

Nessuna delle 115 RSA e RSD sparse tra le province di Varese e Como ha accolto pazienti Covid delle loro strutture. Da lunedì, a Busto Arsizio, le visite agli operatori sanitari

“Nelle province di Varese e di Como non si registrano casi analoghi a quelli del Pio Albergo Trivulzio“.

La frase, lapidaria, è di Lucas Gutierrez, Direttore Generale di ATS Insubria, cabina regia del settore sociosanitario su un territorio che supera il milione e mezzo di abitanti e che conta 115 strutture per fragili, tra RSA e RSD.

La notizia, in realtà, coincide con una non notizia, che fa tirare uno dei rari sospiri di sollievo di quest’ultimo, travagliato periodo, visto il dramma scatenato dal coronavirus e da tutto ciò che ne è seguito: lo stato di emergenza, i decessi, i pazienti gravi, il numero sbalorditivo di contagi e le difficoltà (nonché i lutti) che hanno colpito diverse case di riposo. Su queste ultime chiediamo al DG un breve aggiornamento, a una settimana da quando il direttore sociosanitario di ATS, Ester Poncato, evidenziava l’assenza di casi affetti da virus nel 74% delle strutture. Oggi quella percentuale si è ridotta al 62%, segno di un’aggressività ancora preoccupante e di un sistema che non può ancora abbassare la guardia. Tuttavia, un dato va sottolineato e riguarda quello che è da molti indicato come il peccato originale nella lotta alla pandemia: il trasferimento di pazienti Covid dagli ospedali alle RSA.

Il punto, secondo Gutierrez, è che se è vero che di problemi e di eventi dolorosi se ne sono senz’altro registrati diversi, è altrettanto vero che il quadro avrebbe potuto essere molto più grave, se le RSA del territorio insubre non avessero fatto muro e impedito la contaminazione dei loro centri.

Regione Lombardia ci chiese di sondare la disponibilità delle strutture del nostro territorio – conferma Gutierrez – ma nessuna di quelle interpellate diede il proprio assenso. Io stesso – aggiunge – mi guardai bene dall’insistere, perché la proposta mi sembrava potenzialmente rischiosa.

34 RSA – precisa il DG – diedero la propria disponibilità ad accogliere alcuni pazienti non Covid, andando incontro agli ospedali che avevano bisogno di tenere liberi dei posti letto da destinare all’emergenza, ma senza esporre i propri anziani ospiti al rischio di contagio“.

Una precisazione che, nei giorni della bufera che travolge la storica struttura milanese, acquisisce una certa rilevanza. Così come l’annuncio che chiude la telefonata serale del Direttore Generale: “Da lunedì apriremo nell’area di Malpensafiere, a Busto Arsizio, un’altra tensostruttura per effettuare tamponi. Vogliamo andare incontro agli operatori sociosanitari delle RSA del territorio, reduci da un periodo di malattia ma pronti a tornare al lavoro”. Cosa che, è scontato sottolinearlo, potranno fare solo se il test darà esito negativo.

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